08 Lug Il nostro Manifesto viaggia
Ve lo avevamo presentato qui, il nostro manifesto, sottoscritto assieme ad altre case editrici dopo un (ennesimo) caso di mancanza di rispetto per il nostro lavoro. Episodio probabilmente dovuto, anche stavolta, non a malafede, ma a scarsa considerazione. Il nostro non è un lavoro, ma una passione, un hobby. Devi svolgerlo all’insegna della gratuità, altrimenti scendi di un gradino, diventi bieca commerciante.
La riflessione è partita da un caso di plagio subito da Mammeonline, ma si sta allargando ad altri temi, primo tra tutti cosa significhi essere editore in Italia, oggi.
Come scrive Della Passarelli su Huffington Post, “Il mio mestiere è quello di investire testa e denaro, intelligenza e risorse nel fare libri“. Quando si investe del proprio, in termini economici e di energie, si dovrebbe essere considerati “imprenditori” (oh sì, in effetti per il fisco lo siamo). Ma quando ci si muove con attorno al “prodotto” libro, saltano fuori tutte le eccezioni del caso. Il libro in sé interessa a pochi in Italia e, soprattutto, non a tutti i lettori interessa capire cosa c’è dietro un libro.
Come sintetizza Elvira Zaccagnino intervistata dal Corriere del Mezzogiorno: “Qualcuno comincia a dire che il Italia il problema della lettura sia un problema culturale e sociale. Noi con le nostre case editrici lo abbiamo capito da tempo”.
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