05 Nov A cosa serve un amico?
A cosa serve veramente un amico? A fare cose insieme. A giocare. A parlare, ad ascoltare… Nessuna descrizione di azioni basta a spiegare veramente cos’è l’amicizia.
Si possono usare le sensazioni: l’amico è qualcuno con cui stai bene. Non solo fai delle cose insieme, o giochi: ti lasci trasportare, quando siete insieme esci dal tuo guscio e ti dimentichi quasi di te. Non solo parli e vieni ascoltato: mentre parli e racconti i tuoi guai, ti senti tutto a un tratto più leggero. Non c’è un motivo logico, per questo: le cose non sono cambiate di una virgola, il tuo amico non fa niente più che ascoltare, nel 99% dei casi non può risolvere in concreto i tuoi problemi. Eppure… gliel’hai detto e stai già meglio. Perché? Per quale motivo, proprio con quella persona?
Vi capite: è come se parlaste la stessa lingua. C’è una sintonia speciale tra di voi, è come una lampadina che si accende solo sopra quella specifica testa. Possono esserci altre persone che ti vogliono bene, ma solo il tuo amico ha quel qualcosa che di colpo ti fa sentire il cuore più leggero. Che cos’è, questa cosa?
Quando abbiamo deciso di pubblicare Un passero per capello (Birds in the Hair), davanti a noi avevamo solo una metafora. Un’intuizione di Monika Filipina, autrice e illustratrice di talento con cui già da un paio d’anni andavamo a caccia di una storia per dar vita a un albo. C’è una bambina che, una mattina, si sveglia con centinaia di uccellini che hanno preso posto tra i suoi capelli. Una presenza rumorosa, di cui si trova prigioniera: non sente più il suono del pianoforte e nemmeno i suoi stessi pensieri. Riuscirà a liberarsene solo incontrando un’altra bambina, che sta come lei: mentre parlano, gli uccellini cominciano a volar via.
Non si tratta solo di trovare un antidoto alla solitudine. È vero, all’inizio della storia Sofia è sola. Ma non è infelice: suona il piano, ha un gatto per fedele compagno, a volte un paio di uccellini si fermano ad ascoltarla. Quando Sofia comincia a stare male, c’è la sua mamma, che le vuole bene e cerca di aiutarla. Ci sono altri bambini, ma nessuno riesce a fare breccia: è come se non parlassero la sua stessa lingua. Sofia e la sua amica, invece, si capiscono: sentono allo stesso modo. È questa scintilla tra loro (e non l’azione del parlare in sé) che, mentre parlano, fa volar via gli uccellini.
C’è bisogno di un amico, perché si può pensare di star bene anche da soli, ma è sempre in agguato il pericolo che i nostri pensieri comincino a girare in un circolo vizioso, che dopo un po’ finisce per occupare tutta la nostra testa e renderci incapaci di sentire il resto del mondo. Un amico è l’unico rimedio per liberarcene, per far scattare quella specie di incantesimo che ci allevia il cuore. E la cosa più incredibile è che è un incantesimo ripetibile a piacere, ogni volta che serve:
“E quando succede che qualche uccellino torni da loro, tutte e due sanno cosa bisogna fare!”
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