“Ti cerco, ti trovo”, l’albo giocoso di Anthony Browne

“Ti cerco, ti trovo”, l’albo giocoso di Anthony Browne

di Luca Ganzerla

Ti cerco, ti trovo è l’ultimo atto di una carriera, quella di Anthony Browne, iniziata nell’ormai lontano 1976. Un percorso lungo, molto personale, fatto di sperimentazioni, di un raccontare per immagini e parole, albo dopo albo, divenuto inconfondibile nel panorama internazionale. Prolifico, sia come autore globale (parte verbale e iconica) sia come “semplice” illustratore, Browne si è rivelato di rado scontato, quasi mai prigioniero di se stesso, incline a mettersi in discussione, restando però fedele a quel percorso artistico e narrativo avviato ormai oltre quarant’anni fa.

E in questo albo, tracce di quel lungo percorso le ritroviamo pressoché ovunque.

Ti cerco, ti trovo si presenta sin dal primo incontro albo giocoso a più livelli. È giocoso a partire dal fatto che tutta la storia è incentrata sul gioco di due bambini (“nascondino”) sino ai giochi percettivi messi in scena da Browne attraverso le radici, i tronchi e i rami degli alberi. Quegli alberi, quel bosco che, sin dalla sua personalissima versione di Hansel e Gretel (1981) sono territorio preferenziale di Browne per giocare con le ambiguità generate dalla realtà quando la elaboriamo affidandoci solo alla vista. L’artista inglese sviluppa e assorbe qui la lezione che già fu di Magritte, pittore belga che storicamente costituisce uno dei suoi grandi “maestri”. E non ci sono dubbi: dopo un albo di Browne non riuscirete più a guardare gli alberi, in particolare le venature dei tronchi, allo stesso modo.

Ma, Ti cerco, ti trovo, è innanzitutto una storia costruita con sapienza e maestria, giocata su una tensione narrativa alimentata dal gioco del punto di vista (ecco, appunto, ancora il gioco).

Una cane che non torna più a casa, due bambini annoiati che giocano a nascondino nel bosco, un gioco che all’improvviso scappa di mano, l’alternanza dei loro sguardi (e pensieri) prima preoccupati, poi spaventati e infine atterriti. Una tensione narrativa che cresce fino all’happy-end finale. Intorno un bosco disseminato di sorprendenti “visioni impertinenti” (un coccodrillo, volti umani urlanti, una tromba, una giraffa, ecc.) che richiedono riletture su riletture per essere “avvistate”, in una sorta di “caccia agli oggetti mimetizzati”, anzi immersi e disseminati nel paesaggio.

La maestria nel costruire un albo illustrato di Browne la si coglie anche nel sorprendente finale. Qualcosa che non ti aspetti. Qualcosa su cui riflettere. Qualcosa da cui ripartire per “rileggere” su un altro livello – più profondo e meditato – l’intera storia.

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