29 Mar Tradurre Biancaneve: intervista a Bruno Berni
Un capolavoro senza tempo, che finalmente torna in Italia. È la Biancaneve dei fratelli Grimm illustrata da Nancy Ekholm Burkert, albo che apre la nuova collana di Camelozampa dedicata alla fiaba, Incanti e destini: una collana che punta a riscoprire le fiabe nella loro versione originale, con nuove e belle traduzioni, valorizzandole attraverso lo sguardo di grandi illustratrici e illustratori.
La traduzione, affidata a Bruno Berni, insigne studioso e traduttore di fiabe soprattutto dell’area nordica, prende a riferimento l’ultima edizione tedesca del 1857 realizzata dai fratelli Grimm, quella più esplicitamente rivolta a bambini/e. Il prezioso e accurato lavoro di ricerca e traduzione del prof. Berni ha permesso di riscoprire la bellezza e la musicalità del testo fiabesco nella sua versione integrale, quindi senza effettuare tagli, censure o adattamenti.
Con la traduzione di Biancaneve per Camelozampa ha lavorato sull’edizione tedesca del 1857 dei fratelli Grimm: quali sono le maggiori differenze con le versioni più conosciute della fiaba?
La scelta del testo del 1857 segue la tradizione, perché quel testo è la base per tutte le edizioni e traduzioni successive. Uno degli aspetti importanti è che in quella versione per la prima volta compare la matrigna al posto della madre. Sulle strutture parentali nelle fiabe è stato scritto molto e non è il caso di approfondire qui, ma basti dire che nella prima versione, pubblicata nel 1812, uno dei temi è il contrasto generazionale tra la madre naturale e la giovane Biancaneve: la madre narcisista che si sente minacciata dalla crescita della figlia. Invece nel 1857 i fratelli Grimm scelsero di attenuare il contrasto introducendo una matrigna cattiva, più accettabile di una madre cattiva.
In che modo ha riprodotto gli stilemi della versione di quel periodo in questa traduzione?
Per loro natura le fiabe popolari – ma anche le fiabe d’autore, basti pensare a Andersen – subiscono spesso adattamenti editoriali. Si tratta di una pratica comprensibile e accettabile, purché il modello di partenza rimanga una traduzione fedele e non a sua volta, come invece accade, un adattamento di una traduzione di seconda mano, perché una fiaba non è necessariamente un testo semplice e privo di sfumature. La collana di Camelozampa in cui viene pubblicata questa Biancaneve coniuga appunto illustrazioni prestigiose con traduzioni filologicamente corrette, cosa rara tra le edizioni illustrate. Nella mia traduzione ho cercato di fornire una versione fedele all’originale, per esempio portando le formule in rima a soluzioni più vicine possibile al testo di partenza, pur non avendo la pretesa di sostituire quelle veicolate dal film Disney del 1937, o meglio dalla sua traduzione italiana, che ormai sono estremamente diffuse. Ma ho anche provato a recuperare nel testo elementi lessicali importanti. Per esempio le «stringhe per corsetto» – con cui la matrigna cerca di uccidere Biancaneve la prima volta – forniscono informazioni interessanti sulla moda, ma anche in traduzioni pubblicate in contesti editoriali non riservati all’infanzia diventano inspiegabilmente nastri o lacci.
Le illustrazioni di Nancy Ekholm Burkert che accompagnano questa edizione hanno in qualche modo ispirato la sua traduzione?
Trattandosi di due media diversi, le illustrazioni non dovevano influenzare il lavoro con il testo, sebbene siano molto belle. Però ero cosciente del rischio insito nell’accostare due narrazioni che potevano divergere in qualche particolare. In realtà questo non si è verificato, perché anche i disegni seguono fedelmente il testo originale, perciò il connubio funziona molto bene.
Se dovesse scegliere un passaggio particolarmente bello o significativo della fiaba quale sceglierebbe?
Non c’è un singolo passaggio particolarmente significativo, la fiaba non contiene, per esempio, quegli elementi lirici che in un testo di origine popolare sono superflui. Ma una lettura attenta del testo può indurre a diverse osservazioni: i tratti di cannibalismo della matrigna, quelli di necrofilia del principe, oppure crudeltà come l’infanticidio o anche le pantofole arroventate, sono tutti elementi che al giorno d’oggi rischierebbero l’epurazione da un testo diretto a un pubblico infantile e recentemente c’è un ampio dibattito sull’argomento. Persino il lungo elenco di prestazioni domestiche richieste dai nani a Biancaneve in cambio dell’ospitalità fa riflettere e forse sorridere, ma questa è la fiaba e così deve continuare la vita di questo testo, che comunica un alto valore simbolico e di sicuro non sconcerta l’infanzia moderna, come non sconcertava quella di duecento anni fa. Del resto le fiabe, allora come ora, non sono rivolte solo all’infanzia, ma hanno un contenuto “educativo” valido per tutte le età.
Come definirebbe questa versione della fiaba rispetto a quella più mainstream?
Se per mainstream si intende quella di gran lunga più diffusa, ovvero il film Disney, quella è una versione certamente più addomesticata, come spesso accade con le rielaborazioni in cui si sceglie un destinatario. Questa versione invece è qualcosa di diverso, è sincera, aderente al testo originale, e di conseguenza comunica elementi che riportano davvero alla cultura nella quale è nata ed è stata tramandata.
Bruno Berni è dirigente di ricerca dell’Istituto italiano di studi germanici. Ha studiato letterature nordiche e letteratura tedesca a Roma e Copenaghen. Ha insegnato Lingua e letteratura danese all’università di Urbino, di Pisa e alla LUISS di Roma. Dal 1987 ha tradotto e curato un centinaio di opere di prosa e poesia di autori classici e moderni soprattutto danesi, ma anche svedesi, norvegesi e tedeschi. Per la sua attività di traduttore ha ricevuto numerosi e importanti riconoscimenti internazionali e nazionali. Tra le sue traduzioni e curatele spiccano quelle riguardanti l’opera di Andersen, che gli sono valse il prestigioso Premio Hans Christian Andersen nel 2004.
Nessun Commento